La Zampogna
Dalla seconda metà del Duecento e per tutto il secolo successivo, la zampogna diventa uno strumento musicale considerevolmente presente in Europa, almeno a giudicare dal cospicuo numero di documenti iconografici che mostrano cornamuse. Secondo Baines [op. cit., p. 68], ciò induce a ritenere che, nel periodo appena precedente il XIII secolo, l’idea dell’otre per alimentare gli strumenti ad ancia si sia rapidamente diffusa ed abbia dato vita, col tempo, ad una sorprendente varietà di esemplari.
Le pive dell’Italia settentrionale
Il nome piva è genericamente assegnato agli aerofoni a sacco diffusi nell’Italia settentrionale, la cui conformazione è rapportabile a quella di analoghi strumenti presenti in altre nazioni europee. Queste le caratteristiche strutturali e organologiche delle pive italiane (fa eccezione la piva istriana, che ha peculiarità differenti);
- polimpianto (le canne sonore sono inserite in più aperture dell’otre);
- chanter singolo (una sola canna melodica usata con entrambe le mani);
- uso misto di ance (ancia doppia nel chanter, semplice nei bordoni);
- alimentazione a bocca.
Tra i vari aerofoni a sacco dell’Italia settentrionale, si riscontrano, però, anche differenziazioni. Il bordone, ad esempio, può essere singolo o doppio. L’uso musicale, inoltre, può essere prevalentemente di accompagnamento (come nel caso della müsa) o solistico (es. baghèt).
Il baghèt e la baga
Il baghèt è la piva bergamasca, il cui territorio elettivo è quello della Val Gandino e di altre valli vicine. Il nome dello strumento fa esplicito riferimento all’otre (baghèt – diminutivo di baga – è voce dialettale che significa piccola borsa, piccolo otre). Al limite del totale abbandono, questo tipo di piva è stato recuperato e nell’ultimo decennio ha goduto d’un significativo revival.
Il baghèt ha la seguente struttura:
Il baghèt ha la seguente struttura:
- chanter conico, con 7 fori digitabili anteriori e 1 posteriore;
- due bordoni cilindrici, realizzati in più sezioni assemblate a incastro.
Il baghèt ha una “sorella” veneta: la baga (borsa), che dopo aver patito l’estinzione, è stata di recente recuperata attraverso opere di ricostruzione e riutilizzo.
La piva istriana
La presenza della piva nelle comunità italiane dell’Istria è documentata per alcune località. Lo strumento ha doppio chanter con ancia semplice e nessun bordone. Un modello di piva istriana è strettamente imparentato col mih croato e appare, pertanto, come una versione di tale strumento che ha i chanter monoxili.
Un secondo modello di piva, invece, è di tipo diverso, ha i chanter separati; è una sorta di surle (doppio clarinetto innestato in un blocco di legno) con sacco.
Un secondo modello di piva, invece, è di tipo diverso, ha i chanter separati; è una sorta di surle (doppio clarinetto innestato in un blocco di legno) con sacco.
La müsa delle quattro province
L’area elettiva della müsa è quella detta “delle quattro province” (Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova).
Queste le sue caratteristiche:
- chanter conico, con 7 fori digitabili anteriori (senza foro per il pollice);
- un bordone cilindrico, con dei forellini che possono essere chiusi o lasciati aperti per variare la nota pedale.
Si tratta d’uno strumento d’accompagnamento, utilizzato in coppia col piffero, un oboe popolare che nella tradizione contemporanea viene più spesso suonato insieme alla fisarmonica. La müsa era uscita dall’uso, ma grazie al ritrovamento di vecchi esemplari (pezzi di strumenti o strumenti interi) è stato possibile un suo recupero.
La piva emiliana
Nei dizionari ottocenteschi dei dialetti emiliani e romagnoli si leggono definizioni relative ad uno strumento musicale denominato genericamente piva oppure, in modo più completo, piva da sacch (Romagna) e piva dal carner (Emilia), laddove i sostantivi sacch (sacco) e carner (carniere, bisaccia del cacciatore) intendono specificare la presenza d’un otre.
La piva emiliana è di tipo solista. Così come le altre cornamuse del nord Italia, ha attraversato una crisi che l’ha quasi condotta all’estinzione. Gli ultimi strumenti sopravvissuti hanno evidenziato questa struttura:
La piva emiliana è di tipo solista. Così come le altre cornamuse del nord Italia, ha attraversato una crisi che l’ha quasi condotta all’estinzione. Gli ultimi strumenti sopravvissuti hanno evidenziato questa struttura:
- chanter con 7 fori digitabili (senza foro posteriore);
- due bordoni;
- 4 impianti per le canne: 3 per il chanter e i due bordoni; 1 per la canna d’alimentazione.
Le zampogne dell’Italia meridionale
Col termine zampogna si indica l’aerofono a sacco dell’Italia meridionale (dal Lazio alla Sicilia). La zampogna italiana ha delle caratteristiche uniche, che la rendono facilmente identificabile all’interno del vasto campionario degli aerofoni a sacco conosciuti. Due, in particolare, gli aspetti che la distinguono (fa eccezione la zampogna pugliese):
- il mono impianto. Tutte le canne sonore sono inserite in un medesimo blocco di legno;
- il doppio chanter. Due canne per la modulazione del suono, staccate e leggermente divergenti.
Altra costante è quella dell’alimentazione “a bocca”.
Vi sono, però, anche caratteristiche che variano secondo i tipi e i modelli di zampogne. Una distinzione può farsi dividendo gli strumenti in due categorie principali:
Vi sono, però, anche caratteristiche che variano secondo i tipi e i modelli di zampogne. Una distinzione può farsi dividendo gli strumenti in due categorie principali:
- zampogne con chiave;
- zampogne senza chiave.
Altra distinzione concerne la dimensione dei chanter, che possono essere di:
- lunghezza uguale (tibiae pares);
- lunghezza disuguale (tibiae impares).
Differenziazioni si riscontrano pure nell’uso delle ance. Ci sono zampogne che montano solo ance doppie, altre che usano ance miste ed altre ancora che usano solo ance semplici. Anche il numero dei bordoni può variare. Si va dalle zampogne che non ne usano, alle zampogne che ne montano anche quattro.
Le ciaramelle
Col nome le ciaramelle si identifica una zampogna la cui area elettiva è l’Alta Sabina. Tale strumento rientra nella categoria delle zampogne zoppe, e mostra aspetti distintivi che ne fanno un tipo a sé stante. La più importante sua caratteristica musicale è che si tratta d’uno strumento che emette suono solo dai chanter, avendo la canna di bordone inattiva.
La tradizione delle ciaramelle è in forte crisi; sull’orlo del totale abbandono.
La tradizione delle ciaramelle è in forte crisi; sull’orlo del totale abbandono.
La zampogna di Panni
Tra le zampogne meridionali, è anomala quella pugliese di Panni (Fg) poiché ha caratteristiche completamente diverse dalle altre.
Tale zampogna, infatti, ha un solo chanter e un unico bordone, impiantati separatamente.
Entrambe le canne sonore sono fabbricate con piante di arundo donax. Il chanter è estremamente corto e presenta tre soli fori digitabili anteriori, ed è completato da una piccola campana posticcia. Il bordone è costituito da un robusto fusto di canna cui si applica, sulla parte superiore, una zucca svuotata ed essiccata.
Lo zampognaro suona il chanter con una mano e con l’altra regge il bordone, tenendolo in posizione verticale. L’ancia è semplice sia sul chanter che sul bordone.
L’otre è di pelle d’agnello. La sacca è premuta sotto il braccio della mano con cui si regge il bordone.
Tale zampogna, infatti, ha un solo chanter e un unico bordone, impiantati separatamente.
Entrambe le canne sonore sono fabbricate con piante di arundo donax. Il chanter è estremamente corto e presenta tre soli fori digitabili anteriori, ed è completato da una piccola campana posticcia. Il bordone è costituito da un robusto fusto di canna cui si applica, sulla parte superiore, una zucca svuotata ed essiccata.
Lo zampognaro suona il chanter con una mano e con l’altra regge il bordone, tenendolo in posizione verticale. L’ancia è semplice sia sul chanter che sul bordone.
L’otre è di pelle d’agnello. La sacca è premuta sotto il braccio della mano con cui si regge il bordone.
La surdulina
Surdulina è il nome col quale viene chiamato un tipo di zampogna presente in un’area geografica che comprende l’estrema zona meridionale della Lucania e località della Calabria settentrionale. Una caratteristica della surdulina è la sua ridotta dimensione.
Ecco la struttura dello strumento:
Ecco la struttura dello strumento:
- chanter cilindrici di eguale lunghezza. Quattro fori digitabili anteriori per ogni chanter. Lo sbocco terminale del chanter sinistro è chiuso;
- i bordoni sono due o, raramente, tre (straordinariamente quattro). Il bordone maggiore è sempre la canna più lunga dello strumento;
- ance semplici sia sui chanter che sui bordoni.
La zampogna a palmi
La zampogna a palmi è uno strumento costruito in alcune località della Campania, della Lucania e della Calabria. È chiamata “a palmi” perché realizzata in vari modelli le cui grandezze sono espresse, appunto, in palmi (antica unità di misura corrispondente a circa 26 cm).
I modelli più in uso sono la 3 palmi e la 3 palmi e mezzo. Ma sono utilizzate anche altre misure.
La zampogna a palmi è fornita di chiave ad uno dei chanter, un congegno metallico che serve a chiudere l’ultimo foro per la nota grave, molto distanziato dagli altri. Tutto il meccanismo viene nascosto dal coprichiave, un involucro di legno appositamente bucherellato.
Nell’aspetto, questa zampogna è simile all’analogo tipo molisano. La differenza più evidente è che la zampogna a palmi presenta due o tre bordoni attivi, mentre quella molisana, nei modelli oggi più in uso, ha un solo bordone sonoro (eccezionalmente due, in specifici modelli).
Come quasi tutte quelle “con chiave”, la zampogna a palmi è tradizionalmente usata per accompagnare la ciaramella.
I modelli più in uso sono la 3 palmi e la 3 palmi e mezzo. Ma sono utilizzate anche altre misure.
La zampogna a palmi è fornita di chiave ad uno dei chanter, un congegno metallico che serve a chiudere l’ultimo foro per la nota grave, molto distanziato dagli altri. Tutto il meccanismo viene nascosto dal coprichiave, un involucro di legno appositamente bucherellato.
Nell’aspetto, questa zampogna è simile all’analogo tipo molisano. La differenza più evidente è che la zampogna a palmi presenta due o tre bordoni attivi, mentre quella molisana, nei modelli oggi più in uso, ha un solo bordone sonoro (eccezionalmente due, in specifici modelli).
Come quasi tutte quelle “con chiave”, la zampogna a palmi è tradizionalmente usata per accompagnare la ciaramella.
La zampogna a paro
Si definisce a paro il tipo di zampogna italiana diffuso nella Calabria meridionale e nella Sicilia orientale. Il nome deriva dal fatto che lo strumento ha i due chanter di “pari” misura. Queste le sue caratteristiche:
- due chanter con 4 fori digitabili anteriori e 1 posteriore su una canna, 4 anteriori sull’altra;
- due, tre o, raramente, quattro bordoni sonori;
- generalmente, ance tutte semplici (con qualche eccezione).
La zampogna a paro è strumento solista. Il suo nome dialettale è ciaramedda.
Altre zampogne
Oltre quelli descritti, nell’Italia meridionale esistono altri tipi e sotto-tipi di zampogne, molto meno diffusi e colpiti da grave crisi che li sta portando (o li ha portati, come nel caso della scupina molisana) all’estinzione.
La zampogna zoppa.
È detta zoppa (in dialetto cioppa) la zampogna senza chiave costruita nel Lazio e nel Molise. La zoppa presenta il chanter maggiore che – proprio per l’assenza di chiave – è più corto rispetto a quello che su altri strumenti è provvisto di tale congegno metallico. Nel Molise, l’uso della zampogna zoppa è quasi del tutto estinto. Per il Lazio occorre distinguere due zone. Nell’area meridionale, la cioppa mostra le stesse caratteristiche organologiche di quella molisana (e vive pressoché la stessa crisi). Nell’area dell’alta Valle dell’Aniene, invece, la zampogna zoppa (strumento ormai non più praticato) mostra aspetti differenti, come l’uso di ance semplici.
Le grandi zampogne.
Vi sono nell’Italia meridionale delle zampogne con chiave che si distinguono per le considerevoli dimensioni e che sono comunemente chiamate “grandi zampogne”.
Oggi questi strumenti sono piuttosto rari, ma un tempo erano probabilmente più utilizzati. Si conoscono antichi documenti fotografici che mostrano zampogne le cui altezze non raramente sono pari o superiori a quelle degli zampognari che le suonano.
Tra le grandi zampogne, una menzione per quella ancora oggi in uso a Monreale (Pa). Si tratta d’uno strumento del tipo con chiave (a volte con doppia chiave) e senza coprichiave. È una zampogna solista, che suona in minore. Viene usata anche in accompagnamento al canto per l’esecuzione delle novene.
Oggi questi strumenti sono piuttosto rari, ma un tempo erano probabilmente più utilizzati. Si conoscono antichi documenti fotografici che mostrano zampogne le cui altezze non raramente sono pari o superiori a quelle degli zampognari che le suonano.
Tra le grandi zampogne, una menzione per quella ancora oggi in uso a Monreale (Pa). Si tratta d’uno strumento del tipo con chiave (a volte con doppia chiave) e senza coprichiave. È una zampogna solista, che suona in minore. Viene usata anche in accompagnamento al canto per l’esecuzione delle novene.
La zampogna nel Molise
Nell’attuale tradizione musicale del Molise, la zampogna è strumento legato principalmente alla cultura di tre paesi: Scapoli, Castelnuovo al Volturno e San Polo Matese, ma anche altre località sono (o sono state) interessate all’uso degli aerofoni a sacco.
Castelnuovo e San Polo sono comunità nelle quali rimane attivo un buon numero di zampognari; Scapoli, invece, svolge un ruolo diverso, perché, oltre che essere luogo con cospicua presenza di suonatori, è il centro di produzione degli strumenti.
A Scapoli si costruiscono due tipi di zampogne: quella con chiave e quella zoppa (di quest’ultima, si è già detto).
Castelnuovo e San Polo sono comunità nelle quali rimane attivo un buon numero di zampognari; Scapoli, invece, svolge un ruolo diverso, perché, oltre che essere luogo con cospicua presenza di suonatori, è il centro di produzione degli strumenti.
A Scapoli si costruiscono due tipi di zampogne: quella con chiave e quella zoppa (di quest’ultima, si è già detto).
La zampogna con chiave
La zampogna molisana con chiave, come tutte quelle dell’Italia meridionale, ha sempre il doppio chanter, il mono impianto e l’alimentazione a bocca; ma mostra anche proprie peculiarità. Queste le caratteristiche dello strumento:
- i chanter di lunghezza diseguale, divergenti e conici. Il chanter corto (destro) è fornito di 5 fori digitabili (4 anteriori, 1 posteriore), mentre il chanter lungo (sinistro) ne ha 3 più il foro della chiave;
- due bordoni, di cui – nei modelli oggi più usati – uno solo (il maggiore) produce suono, mentre il secondo (il minore) è muto. Vi sono, però, esemplari con doppio bordone sonoro, ma si tratta di strumenti che, benché ancora costruiti, nel Molise nessuno usa più;
- ance doppie su tutte le canne sonanti;
- campane che si avvitano all’estremità del fuso dei chanter e che possono essere di due specie: campagnola (con padiglione ampiamente svasato) e vezzanese (con padiglione meno ampio).
I legni più comuni usati per la costruzione delle zampogne molisane sono l’ulivo e il ciliegio. Vengono, però, lavorate anche altre piante ritenute adatte. Molti strumenti sono fabbricati con l’uso misto di legni: (ciliegio per le campane, ulivo per i fusi dei chanter e per i bordoni).
Per gli otri, è invalsa la consuetudine di utilizzare le camere d’aria di automobile, ricoperte di finto vello. Però, occasionalmente e su richiesta, si utilizzano anche pelli d’animale (capra o pecora).
Le zampogne molisane con chiave si costruiscono in più modelli, contraddistinti da prestabiliti numeri convenzionali. La zampogna modello 25 è oggi quella preferita dai suonatori, ma anche la 28 gode d’una buona diffusione. Alle grandezze, e quindi ai numeri, corrispondono le intonazioni degli strumenti.
La molisana con chiave è zampogna d’accompagnamento, suonata in coppia con la ciaramella, che effettua le parti soliste dei brani musicali.
La ciaramella molisana (biffera) presenta 9 fori digitabili (8 anteriori, 1 posteriore) e, così come per la zampogna, viene costruita in vari modelli, diversi per grandezze ed intonazioni, adatti a suonare col corrispondente modello di zampogna.
Per gli otri, è invalsa la consuetudine di utilizzare le camere d’aria di automobile, ricoperte di finto vello. Però, occasionalmente e su richiesta, si utilizzano anche pelli d’animale (capra o pecora).
Le zampogne molisane con chiave si costruiscono in più modelli, contraddistinti da prestabiliti numeri convenzionali. La zampogna modello 25 è oggi quella preferita dai suonatori, ma anche la 28 gode d’una buona diffusione. Alle grandezze, e quindi ai numeri, corrispondono le intonazioni degli strumenti.
La molisana con chiave è zampogna d’accompagnamento, suonata in coppia con la ciaramella, che effettua le parti soliste dei brani musicali.
La ciaramella molisana (biffera) presenta 9 fori digitabili (8 anteriori, 1 posteriore) e, così come per la zampogna, viene costruita in vari modelli, diversi per grandezze ed intonazioni, adatti a suonare col corrispondente modello di zampogna.
La scupina
Nel Molise, fino a pochi decenni fa, è stato in uso un particolare tipo di zampogna caratterizzato dall’avere i due chanter e l’unico bordone costruiti con la canna palustre (arundo). Lo strumento, la cui denominazione dialettale era scupina, aveva queste caratteristiche:
- due chanter, con 4 fori digitabili anteriori e 1 posteriore per una canna, 4 fori anteriori per l’altra;
- un bordone, formato da due parti assemblate ad incastro;
- ance tutte semplici.
La scupina molisana – il cui uso è ormai estinto – era destinata al “sostegno” della voce in canti eseguiti in occasioni festive calendariali (capodanno, riti di primavera) e durante le serenate.